L’autore ha spigolato fra le cose sue e dopo le sue mietiture. Ma, quando si va a ritroso, si incontra un se stesso che è sempre anche un altro: ciò che si è oggi e ciò che si era. Ci si legge da dentro, ma anche da fuori, con piena immedesimazione e, al tempo stesso, con una sorta di paradossale distacco. Si cerca, poi, di ricomporre i pezzi, ma intanto lo scenario è mutato, è stato disfatto per alimentarsi e per preparare un’altra stagione. Restano chicchi, acini, grani, foglie… brandelli. Eppure ci si riconosce, ci si ritrova: uniti e disuniti, coerenti ed incoerenti, formati e sfumati, consolidati ed evaporati. Intanto, comunque sia, si sopravvive. Si sopravvive con il cibo residuo delle emozioni, delle sensazioni, dei sentimenti, degli affetti, delle volontà, dei progetti, dei successi, dei fallimenti… un giorno alla volta, poveri di tutto, ricchi per quel poco che si raccatta. Ma quel poco è tutto, e lascia intravedere un nuovo giorno.
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