Sullo sfondo della condotta dell’occupazione nazista (massacri dei gruppi politicamente, militarmente o razzialmente pericolosi, requisizioni dei beni di prima necessità, lavoro coatto e deportazioni di uomini validi da inviare nelle industrie tedesche) l’eccidio si inserisce in una precisa strategia dei nazisti, che avrebbero condannato a morte i partigiani detenuti per trattare, tenendoli come ostaggi per avere garanzie nell’imminenza della fine della guerra. Nello spazio concesso dalle trattative avrebbero insinuato ad una certa parte di combattere contro i comunisti, cercando di approfittare delle tensioni interne alla Resistenza. Le trattative, i contatti, le allusioni, anche attraverso le mediazioni e il coinvolgimento di tanti attori, produssero i germi della discordia all’interno del movimento resistenziale e tra le comunità che lo sostenevano. Una parte dei condannati, quasi tutti garibaldini, vennero soppressi. Su queste basi il Comando della polizia nazista cercò di crearsi le condizioni favorevoli per lo sganciamento al momento del crollo.
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