Maniacco opera su uno dei modelli archetipici della narratività: il modello, appunto, del viaggio; e ne assume con felicità e coerenza, senza mai indulgere al gusto del falsetto, tutti gli sviluppi e le implicazioni, dando – se così si può dire – mandato al suo eroe di percorrere un vero e proprio labirinto, tanto ordinato quanto inquietante, di incontri, visioni e sortilegi. Ma la libertà dell’invenzione, il piacere di un flusso associativo al tempo stesso meticoloso e imprevedibile come quello del sogno, sono doppiati e sorretti da un’altra logica, da un’altra processualità: gli scatti, gli adempimenti della funzione simbolica. Fatti e apparizioni si dispongono, così, secondo un doppio ordine di significazione: quello dell’avventura e quello dell’iniziazione.
Dall’introduzione di Giovanni Raboni
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