Dall’Introduzione:
Le righe qui vergate non vogliono assolutamente rappresentare la storia di una vita, bensì alcune storielle o, come si suol dire, aneddoti di una prima fase della mia esistenza. A spingermi in questa stesura non c’è nulla di speciale, poiché la mia preadolescenza, adolescenza e la prima fase dell’ingresso nel mondo del lavoro sono simili o forse meno interessanti delle esperienze di moltissimi ragazzi del mio tempo. È il vivere ed osservare i miei nipotini, il dirgli di no, un’infinità di no al giorno che mi ha inoculato l’embrione di un senso di colpa. No dalla mamma, no dal papà, no dalla nonna, no dal nonno, no dalla zia, no dalla maestra e via, per trecentosessantacinque giri di bussola all’anno. Uno status che mi genera angoscia. Sono bambini belli, vivi; come quasi tutti i bambini del mondo, scalpitano e fremono come puledri. Ho pensato di guardare il mondo con i loro occhi, ma loro sono troppo moderni e così mi trovavo confuso. Allora ho pensato di recuperare dal sacco della memoria le mie esperienze di bambino, di adolescente.
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