La difesa dell’identità slovena in un territorio multietnico, al confine tra Regno d’Italia e Regno di Jugoslavia, diventato teatro tra le due guerre mondiali dell’aggressiva politica fascista di snazionalizzazione, accomuna centinaia di clerici e laici sloveni di ispirazione cattolica, trasformatisi in “antifascisti pericolosi”, “astuti propagandisti”, “irredentisti slavi”, spie, informatori, doppiogiochisti. Con queste caratteristiche venivano registrati dall’Ovra numerosi esponenti del clero sloveno, parroci, spesso semplici sacerdoti di provincia, attivisti laici dell’organizzazione slovena cristiano-sociale operativa nelle regioni dell’ex Litorale austriaco (Primorska e Carniola).
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