Un protagonista di questo libro è il bosco, luogo incontaminato e fonte di vita per le bambine o le donne che non possono o non vogliono vivere nella loro comunità originaria. Che poi incontrano il loro amato, principe o guardacaccia o lupo, e vivono con lui felici e contente senza far più ritorno al luogo dell’origine.
Il bosco per gli abitanti dei villaggi resta pericoloso come nelle fiabe tradizionali, e quando la mamma di Lucina/Biancaneve deve andare a cercare la maga che sola può guarire la sua bambina riceve istruzioni che fanno pensare a una sorta di nèkya:
Devi attraversare la foresta dei sette monti, non farti scoraggiare dal lungo cammino e dai rumori che sentirai. Udrai delle grida, e ti sembrerà di esserti addentrata fra gli spiriti, ma tu non voltarti. Prosegui finché non vedrai più la luce del sole, là, nel più fitto del bosco troverai la rosa rossa come il sangue, non puoi sbagliarti, sarà lei stessa a indicarti la sua presenza col profumo, ma fai molta attenzione nel coglierla, se ti pungerà, morirai. Quando l’avrai in mano ti sarà facile arrivare dalla maga, perché la rosa ti guiderà come una lanterna.
Il bosco simbolizza la natura non colonizzata dall’uomo, opposto e complementare all’ecumene come sono opposti e complementari sapere femminile e maschile. Nel bosco hanno la loro dimora orchi e fate, streghe e guaritrici, che possono dispensare la vita e la morte. Nel bosco si rifugiano le fanciulle perseguitate, i baldi cavalieri si smarriscono e i bambini vi vengono abbandonati…
Dalla postfazione di Adalinda Gasparini
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