Questo libro affronta la storia inedita di un piccolo gruppo di persone – tre donne e cinque uomini internati nell’Ospedale psichiatrico di Udine – che nel maggio del 1940 vennero deportati in istituti del Terzo Reich. Le loro comunità di origine – quelle di lingua slovena e tedesca della Val Canale – nel 1939 erano state chiamate a scegliere fra il trasferimento in Germania e la permanenza in Italia, ma rinunciando a ogni tutela della propria lingua e cultura, avevano cioè dovuto “optare” al pari della popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige/Südtirol.
Questa “microstoria” – apparentemente marginale nell’“inferno in terra” della seconda guerra mondiale e a lungo dimenticata – assume un valore paradigmatico nella comprensione di alcuni meccanismi di esclusione e persecuzione attuati in Italia e Germania a danno di inermi pazienti psichiatrici, centinaia dei quali vennero travolti nel corso dell’applicazione dei principi razziali propri del fascismo e del nazismo.
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